Dieci anni di zootecnia in Italia

Il report DIECI ANNI DI ZOOTECNIA IN ITALIA elaborato dall’associazione “Essere Animali” presenta numerosi dati molto interessanti sull’evoluzione dello sfruttamento animale nel nostro paese.

Partiamo dal primo dato che emerge dal report: dopo gli ultimi dieci anni nel nostro paese si mangia meno carne, ma si macellano più animali, come riporta anche il titolo di un’analisi del report di Essere Animali fatta dal sito internet Vegolosi. Il consumo di carne è calato nel complesso del 7% e si è spostato prevalentemente dal consumo di “carni rosse” a quello di “carni bianche” e di pesce. Il numero dei pesci macellati, in particolare, è cresciuto di ben 50 milioni, spiegando così il gap paradossale che emerge tra riduzione del consumo e aumento della macellazione. In sostanza, pare che le campagne di informazione medica sui rischi per la salute umana provenienti dalle carni rosse abbiano spostato una fetta di mercato verso il consumo di polli e pesci: qui la percezione del rischio resta comunque distorta, perché si sottovaluta fortemente il danno provocato alla salute dei “consumatori” degli animali allevati con antibiotici.

Il settore industriale della produzione del latte ha conosciuto negli ultimi dieci anni una forte ristrutturazione, che tra l’altro ha potuto evitare una crisi verticale solo attraverso quel sistema di sussidi che lo tiene forzosamente in piedi nonostante gli eventuali cali di profitto. In Italia si consuma meno latte, ma restano stabili e molto richiesti i formaggi (di cui non si percepiscono evidentemente né i rischi per la salute né tanto meno gli effetti devastanti sulla vita degli altri animali). Inoltre, si macellano meno agnelli per il consumo di carne, che è sceso del 30%, mentre è aumentato del 28% il numero degli ovini destinati all’allevamento da latte.

Altro dato di rilievo che emerge dall’indagine: “In questi anni, il numero delle mucche allevate
sul territorio italiano per la produzione di latte è rimasto pressoché invariato con un calo di
100.000 esemplari (-4%). Cambia però la modalità di gestione: dal 2010 è scomparso il 32%
degli allevamenti ed è aumentato il numero di animali per ogni struttura, a testimoniare la
crescita del modello intensivo come sistema di allevamento”. Anche per i maiali abbiamo un significativo aumento dello sfruttamento intensivo negli allevamenti industriali, sia per quanto riguarda la concentrazione in pochi allevamenti sempre più grandi, sia per come i maiali vengono cresciuti, facendoli ingrassare oltre i 110 kg.

Un dato in controtendenza riguarda infine i cavalli e gli agnelli, il cui consumo di carne si è ridotto decisamente negli ultimi dieci anni: per gli italiani questi due animali sembrano essere ormai sempre più percepiti come animali di affezione, possibili animali domestici, per cui li si vede molto più come pet che come “carne”.

Vegolosi conclude l’analisi del report con questa breve riflessione: “I dati sono solo parzialmente incoraggianti, e sono il frutto di una normale preoccupazione dei consumatori verso la propria salute e solo parzialmente per quella delle condizioni degli animali, se non per alcune ristrette categorie come conigli e cavalli con le quali è più semplice un immediato riscontro empatico (così come per gli agnelli, anche se non è mai chiaro, che il latte di pecora, ancora fortemente prodotto per consumo diretto o per la realizzazione di formaggi, viene prodotto solo se le pecore hanno cuccioli, ossia agnelli che se non dirottati nuovamente alla filiera del latte, verranno macellati e esportati)”.

Le statistiche mostrano dunque una situazione solo apparentemente contraddittoria, ma che in fondo pare segnare una profonda ristrutturazione del consumo di prodotti alimentari derivati da animali. Lungi da rappresentare un passo in avanti in un auspicabile, se pur graduale, cammino di liberazione animale, i numeri dimostrano piuttosto una ridefinizione articolata delle forme di sfruttamento messe in pratica dall’industria della carne, con il tentativo di rendere compatibili nel sistema di oppressione specista anche alcune pratiche discorsive della cultura animalista, dei diritti e del benessere animale.

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Manifesto Queer Vegan

Durante la puntata di lunedì 4 maggio abbiamo parlato di un testo molto importante nella storia del movimento antispecista, ovvero Manifesto queer vegan di Rasmus Rahbek Simonsen (edizione italiana di Ortica, 2014). È un testo breve, semplice ma complesso per la filosofia sottesa. In questo manifesto si propone una visione in divenire del veganismo e si auspicano comportamenti instabili e devianti dei singoli contro ogni posizione rigidamente binaristica (di genere, di orientamento sessuale, etc.). Il veganismo queer secondo le idee di Simonsen non è interessato a ricostruire nuove categorie, anzi interroga il concetto stesso di veganismo quando esso supporta e preserva il mangiare-carne in un medesimo sistema discorsivo di differenza. In questo senso il veganismo non è letto come uno stile di vita ma come una “irrinunciabile presa di posizione politica da parte di chi anticipa, qui e ora, la liberazione”. Nel testo si parte dunque da una domanda fondamentale: che cosa significa per una persona dichiarare il suo veganismo al mondo? Abbiamo rivolto questa domanda a una attivista antispecista e transfemminista:

Abbiamo posto anche un’ultima breve domanda riguardo la differenza tra il queer e il vegan nella radicalità dell’affrontare il sistema capitalista ed eteronormativo: l’antispecismo come potrebbe colmare questo gap esistente?

 

 

Comunicato del gruppo di supporto agli/le antispecistx prigionierx:

da https://quaglia.noblogs.org/post/2020/05/01/lamore-non-e-un-crimine-notizie-sulla-repressione/

Lo scorso ottobre, mentre il tribunale federale richiedeva l’uscita immediata del prigioniero antispecista Matthias, incarcerato dal 1 dicembre 2018 a Champ Dollon (cantone di Ginevra, Svizzera) sulla base di semplici sospetti su atti di sabotaggio di istituzioni speciste, alcune persone vicine al militante si erano recate davanti alla prigione di detenzione provvisoria per attendere la sua uscita imminente. I/le 5 amicx presenti avevano preparato per la liberazione del loro compagno uno striscione su cui si leggeva “Matthias ti vogliamo bene”. Dopo più di 11 mesi ad aspettare la sua uscita e dopo molteplici ricorsi al prolungamento della sua ingiusta detenzione, la loro gioia e sollievo stava infine per trovare un riconoscimento.

Ma quella che doveva essere un’uscita felice non lo fu. Nel momento in cui veniva scattata una foto ricordo del loro striscione per qualche secondo per mostrarla alle persone più vicine, arrivò un furgone della polizia e i poliziotti ordinarono ai/le solidali di mostrare i documenti di identità, con il pretesto di una “manifestazione non autorizzata”. Confiscarono freddamente lo striscione e ordinarono loro di “circolare”.

Matthias uscì il giorno successivo e questo incidente vergognoso fu presto dimenticato per la gioia del ritrovarsi. Tuttavia, lunedì 24 febbraio 2020 i/le 5 amicx hanno avuto la cattiva sorpresa di ricevere una multa di 750 franchi ciascunx, con l’accusa di diverse infrazioni come aver fatto eccessivo rumore.

Ovviamente loro contestano i fatti in maniera assoluta, non avendo parlato a un volume più alto del normale, né diffuso della musica o scandito degli slogan. Hanno semplicemente fotografato il loro striscione per 20 secondi prima di metterlo via di nuovo.

Denunciamo la repressione che subiscono gli/le attivistx antispecistx come anche quellx di tutte le altre lotte politiche. Tentare di intimidire le persone vicine e che sostengono i/le prigionierx politicx non funzionerà, siamo solidali e indignatx dai tentativi delle autorità di sabotare questi atti d’amore, per fare meglio sprofondare le persone che lottano quotidianamente contro le ingiustizie. Siamo più forti di questo tentativo di metterci il bavaglio!

I/le 5 amicx di Matthias hanno fatto ricorso contro la loro ordinanza penale e sono già rappresentatx da degli avvocati.

Promemoria dei fatti sull’incarcerazione di Matthias:

Il 1 dicembre 2018, Matthias e un’altra attivista sono inviatx al carcere di Champ-Dollon, sospettatx di danneggiamenti materiali nei confronti di ristoranti, macellerie, manifesti specisti come anche di un mattatoio. La seconda attivista sarà rilasciata dopo una settimana di detenzione. Matthias vi resterà rinchiuso per più di undici mesi. Mirabelle, una terza attivista, vi resterà anch’essa rinchiusa un mese prima di venire rilasciata.

Il 6 novembre 2019, Matthias, Mirabelle e un altro attivista sono statx processatx dal tribunale penale di Ginevra. Il tribunale ha riconosciuto che la polizia aveva ottenuto delle prove illegali, lx ha assoltx sulla metà delle accuse, ma ha comunque emesso delle condanne pesanti. Tuttx loro hanno fatto appello alle loro condanne illegittime. La data del processo di appello di fronte alla Corte di Giustizia di Ginevra non è ancora stata fissata.

L’antispecismo è una lotta politica allo stesso modo del femminismo, del riconoscimento dei diritti per le persone LGBTIQ+ e dell’antirazzismo. Essa sostiene la necessità di dare la voce ai 77,5 milioni di animali uccisi ogni anno in Svizzera, ai 60 miliardi uccisi nel mondo e ai 1.000 miliardi di animali marini che subiscono le conseguenze della pesca. Il diritto alla vita e al rispetto degli interessi fondamentali di questi individui deve prevalere sul mantenimento di un sistema economico, di una tradizione o di un piacere gustativo. L’attivismo antispecista apre dunque a diversi mezzi, legali e dissidenti, per ottenere un cambiamento di sistema necessario alla sopravvivenza di esseri sensibili in un contesto di emergenza ecologica.

Articoli connessi a questo caso repressivo:

https://www.letemps.ch/ [1]
https://www.20min.ch/
https://www.letemps.ch/ [2]

Per contatti con il gruppo di supporto:

soutienauxactivistes@protonmail.com
https://www.facebook.com/pg/solidariteavecnotrecamaradeantispeciste/

Welcome to the Pigs Hotel

Mentre il Covid-19 cominciava a diffondersi nei “mercati umidi” di animali selvatici uccisi davanti ai clienti della provincia cinese di Wuhan, nella stessa Cina continuava a crescere un fenomeno davvero inquietante: enormi palazzi di cemento armato contenenti migliaia di maiali da allevamento, i cosiddetti “Pigs Hotel”, edifici dell’orrore alti fino a 13 piani che possono “produrre” e quindi vendere come cibo fino a 850.000 poveri suini all’anno.

Il fenomeno incredibile sta prosperando negli ultimi anni, proprio mentre si diffondevano le malattie come le Sars, con le relative infezioni provenienti dal salto di specie operato dai virus dagli animali allevati in queste situazioni oscene agli esseri umani che li sfruttano per fini commerciali.

Nell’ultimo periodo, quello della diffusione della pandemia dovuta al Covid-19, la gestione dei Pigs Hotel sta diventando problematica per gli allevatori e le aziende alimentari, viste le restrizioni del mercato: nonostante questo, però, bisogna continuare a considerare il fenomeno ancora come in espansione e di conseguenza tenere conto del progetto tremendo di morte e profitto che gli umani stanno portando avanti. Una volta terminata questa emergenza del Covid, sarà quindi importante vedere se ci sarà una ripresa più o meno forte della crescita di questi allevamenti, questi grattacieli della morte: solo una presa di consapevolezza globale contro l’industria della carne potrà fermare questo sterminio.

Come gli allevatori “praticano l’eutanasia” ai maialini. Ecco cosa non ti diranno i media

da https://veganista.co/2020/04/23/how-farmers-euthanize-baby-pigs-heres-what-the-media-wont-tell-you/

di Ari Solomon

L’industria della carne americana è nei guai. Ora che innumerevoli hotel e ristoranti, che normalmente servono molta carne, sono chiusi, e molti mattatoi sono diventati focolai di infezioni da coronavirus, la produzione e le vendite sono crollate.

Mentre una pausa nazionale dalla carne potrebbe essere benissimo un ordine del medico, mi sono imbattuto in questo articolo estremamente inquietante che riportava come gli allevatori avessero iniziato a “praticare l’eutanasia” ai maialini poiché ora c’è un surplus.

Da un lato, questa situazione potrebbe effettivamente rivelarsi migliore per questi poveri animali. Seguitemi nel ragionamento. La vita dei maiali negli allevamenti industriali è fatta di crudeltà e orrore. Ai maschi vengono regolarmente strappati testicoli, code e denti senza anestesia quando sono solo bambini. Vengono quindi stipati in spazi ristretti dove vengono ingrassati fino a quando un giorno vengono caricati su un camion e portati in un macello. Il solo viaggio sul camion è un incubo di per sé. Questi animali trascorrono ore senza cibo o acqua in condizioni climatiche estreme. Quando raggiungeranno la loro destinazione, saranno brutalmente radunati all’interno e alla fine saranno appesi a testa in giù e gli verrà aperta la gola.

Per le femmine, è anche peggio. Trascorreranno quasi tutta la vita in quelle che l’industria chiama “casse di gestazione”: gabbie di metallo appena più grandi dei loro corpi, dove daranno alla luce la cucciolata fino allo sfinimento. Ci sono molti video fatti di nascosto che evidenziano questa pratica orribile se non mi credete. Proprio come i maiali maschi, le femmine vedranno la fine della loro miserabile vita sanguinando sul pavimento del macello.

Si potrebbe obiettare che morire prima che avvenga una di queste torture potrebbe effettivamente essere considerato misericordioso.

C’è solo un problema.

Quando pensiamo al termine “eutanasia”, pensiamo a una morte indolore, forse persino pacifica. Questo è ciò che la parola significa letteralmente, dopo tutto: una “buona morte”.

Quelli di noi che hanno dovuto praticare l’eutanasia ai propri animali da compagnia quando erano malati terminali e soffrivano, sanno che è un atto di compassione. Al tuo animale viene prima dato un colpo per farlo addormentare. Quindi, una volta che sono incoscienti, viene somministrato un secondo colpo che ferma il loro cuore.

Questo non è ciò che accade ai maialini negli allevamenti di suini.

La verità è che, ancor prima di questa pandemia, i maialini negli allevamenti industriali che erano malati o non considerati sani dall’industria venivano regolarmente uccisi da una pratica chiamata “thumping” [dal verbo to thump: picchiare, battere, martellare, Ndt]. Questo è ciò che accade: un maialino viene afferrato dalle zampe posteriori e schiacciato a testa in giù nel pavimento di cemento. Molte volte, l’animale da piccolo non viene ucciso al primo tentativo e quindi questo gesto viene fatto ripetutamente. È indicibilmente violento, crudele e disgustoso. So che sembra incredibile, ma ho visto ore di riprese video girate sotto copertura che documentano questo fatto. Cercate su Google se ne avete il coraggio.

Chiamare queste uccisioni “eutanasia” è una bugia e i nostri media dovrebbero davvero smettere di usare un eufemismo industriale per quella che è in realtà la brutale uccisione di cuccioli indifesi. Se lo facessi al tuo gatto o cane o anche a un animale selvatico per strada, verresti arrestato e accusato di crudeltà verso gli animali. Probabilmente andresti in prigione.

Purtroppo, i maiali – come tutti gli animali sfruttati per il cibo – non sono visti né dalla legge né dagli agricoltori allo stesso modo. Anche se i maiali sono altrettanto sensibili e persino più intelligenti dei cani. No, negli allevamenti industriali, sono visti come nient’altro che materie prime e trattati come tali.

Ricordatevi di questo durante il vostro prossimo giro al supermercato.

Gli animali da allevamento vengono abbattuti in massa in quanto i focolai di COVID-19 arrestano la produzione di carne e latticini

da https://sentientmedia.org/farmed-animals-culled-en-mass-as-covid-19-outbreaks-halt-meat-and-dairy-production/

di Jessica Scott-Reid

Con le chiusure COVID-19 che incidono sulla filiera della carne e dei prodotti lattiero-caseari, l’industria deve affrontare una scelta: rimanere aperti e rischiare la vita dei propri dipendenti, oppure chiudere e costringere gli agricoltori ad abbattere milioni di animali.

Dall’inizio di aprile, molte delle più grandi aziende di trasformazione della carne del mondo – JBS USA, Tyson Foods, Smithfield Foods e Cargill – hanno chiuso oltre 20 macelli e impianti di imballaggio negli Stati Uniti e in Canada, in risposta al crescente numero di personale infetto con COVID-19. Mentre i produttori spingevano per mantenere attive le linee di macellazione, queste strutture diventavano focolai per il virus. In Canada, uno stabilimento dell’Alberta Cargill è ora responsabile del più grande focolaio nel paese, con un caso su quattro del virus nella provincia collegato alla struttura.

Successivamente, le chiusure degli impianti di macellazione di carne stanno interrompendo le catene di approvvigionamento, lasciando molti agricoltori con troppi animali che ora stanno uccidendo, o presto uccideranno, in massa. Un rapporto del Des Moines Register sulle chiusure cita il senatore degli Stati Uniti Chuck Grassley, che stima che l’industria suina del paese abbia circa 100.000 maiali che dovrebbero essere inviati al macello ogni giorno ma ora non hanno nessun posto dove andare. “Applicalo per oltre 10 giorni e con un milione di maiali, hai un grosso problema.”

Il Guardian riferisce che almeno due milioni di animali sono già stati uccisi nelle fattorie negli Stati Uniti, “e che si prevede che quel numero aumenterà”.
Allo stesso modo, a causa della chiusura di ristoranti, hotel e scuole, anche i produttori di latte e uova vedono interruzioni nella loro catena di approvvigionamento. Di conseguenza, i produttori lattiero-caseari stanno buttando via il latte e i produttori di polli stanno distruggendo le uova negli Stati Uniti e in Canada. Un recente articolo del New York Times ha definito la quantità di rifiuti “sconcertante”. L’articolo cita Dairy Farmers of America, stimando ogni giorno fino a 3,7 milioni di litri di latte che vengono buttati via dagli agricoltori. E “un singolo robot da cucina sta distruggendo 750.000 uova non sbattute ogni settimana”.

Altri rapporti dei media di aprile hanno descritto i produttori che gasano suini e polli e abortiscono i maialini. Un recente rapporto di Reuters spiega come Al Van Beek, agricoltore dell’Iowa, non avesse un posto dove spedire i suoi maiali per fare spazio ai 7.500 maialini che si aspettava dalle sue scrofe. “Ha ordinato ai suoi dipendenti di fare delle iniezioni alle scrofe gravide, una per una, che le avrebbero fatto abortire i loro maialini”.
Il 28 aprile, il National Pork Board ha pubblicato un documento intitolato COVID-19: Strumenti per il benessere degli animali per i produttori di suini, che elenca i metodi consentiti di eutanasia di massa. Questi includono sparo, trauma da forza contundente manuale, elettrocuzione, anidride carbonica e “in tempi e circostanze limitate”, come in questo momento: spegnimento della ventilazione.

Secondo l’American Veterinary Medical Association, “l’arresto della ventilazione comporta la chiusura della casa [stalla / capannone], la chiusura degli ingressi e lo spegnimento dei ventilatori. Il calore corporeo proveniente dalla mandria aumenta la temperatura in casa fino a quando gli animali muoiono per ipertermia. Numerose variabili possono far sì che il tempo della morte del 100% degli animali nella stalla sia soggetto a un intervallo di tempo “. Il vantaggio incluso dal National Pork Board significa aggiungere anidride carbonica e/o semplicemente aumentare il calore.

Questa settimana, il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo, costringendo i macelli statunitensi a rimanere aperti, ritenendo la produzione di carne “essenziale” nonostante le preoccupazioni per la sicurezza dei lavoratori. Vi sono, tuttavia, domande sulla attuabilità dell’ordine, ed è ancora da vedere come possa essere eseguito.

Nessun ordine del genere è stato fatto in Canada, e così è iniziato l’abbattimento degli animali da allevamento, insieme allo scarico di latte e prodotti lattiero-caseari. Secondo quanto riferito, un agricoltore sull’isola del Principe Edoardo ha ucciso 270 maiali la scorsa settimana, smaltendo i loro corpi in una discarica. Secondo un tweet di Alberta Pork: “Alcuni rapporti suggeriscono che oltre 90.000 maiali saranno probabilmente eliminati dagli allevatori”.

Il dottor Sylvain Charlebois, professore di distribuzione e politica alimentare presso la Dalhousie University, stima che i prodotti lattiero-caseari in dumping siano “tra i 50 e i 160 milioni di litri, in tutto il Canada”.

Per gli animali, questa è una situazione senza scampo, poiché sarebbero stati sfruttati e uccisi in un modo o nell’altro. Lo spreco di prodotti di origine animale, denaro e altre risorse, nonché la tensione inutile sull’ambiente, aggiungono solo il danno alla beffa. Questa situazione particolare fa luce soprattutto, tuttavia, sulla fragilità e l’insostenibilità del nostro attuale sistema alimentare, nonché sulla mancanza di attenzione, cura e compassione per quegli animali destinati a essere cibo.

Lo sterminio è sempre assicurato

Babe, il maialino coraggioso: per Contropiano è normale che venga ucciso, maciullato e fatto mangiare ai poveri in fila alla mensa

Leggendo l’articolo apparso su Contropiano dal titolo “Troppa vita, poco valore, sterminio assicurato” a firma Leo Essen, si può avere un compendio di come lo specismo sia profondamente instillato dentro le riflessioni del mondo della sinistra e nello specifico della sua variante comunista. Il pezzo fornisce alcune cifre interessanti, a partire dalla ricostruzione della presenza negli allevamenti industriali italiani, attualmente, di ben 8.612.000 maiali, di cui 4.300.000 in Lombardia, 1.250.000 in Piemonte e 1.100.000 in Emilia Romagna. Per quanto riguarda le galline, invece, si parla di un macello (uno sterminio, per usare un termine corretto che però, vedremo, verrà completamente travisato nel prosieguo dell’articolo) di 500 milioni di galline uccise ogni anno, circa 1 milione e 360.000 al giorno.

Arriviamo alla questione che interessa all’autore dell’articolo. Per farla breve, il problema non è che questi animali vengano massacrati in modo crudele, ma solo che, vista la crisi economica dovuta al coronavirus, rischiano di non essere uccisi per il consumo umano…e quindi macellati “inutilmente”.

“Nella sua fattoria in Iowa, Dean Meyer, uccide 125 maialini a settimana. Li butta nell’umido e li rimacina per farne fertilizzante. Non è un bel vedere. Considerando che molti umani si affollano alle mense dei poveri per elemosinare un pasto”.

Non deve essere un bel vedere uccidere dei poveri maialini in questo modo così brutale, siamo d’accordo. Anche perché onestamente non ci viene in mente un animale più tenero, gioioso, amorevole di un maialino di giovane età. Ma il problema per Leo Essen è un altro: molti umani si affollano alle mense dei poveri per reclamare il cadavere di quei maialini per cibarsi, quindi non è affatto bello che questi aniamli vengano sacrificati invano. Al contrario. Sembra di capire che, senza questa crisi economica, sarebbe tutto a posto: via con i tritacarne, fate girare i motori dei macelli! Povero maialino Babe…

La conclusione del testo è parimenti priva di qualsiasi empatia e commento decente: “Se ci piace la libertà del mercato, se ci piace il laissez-faire, se ci piace fare quel più ci aggrada, infischiandosene del prossimo, accomodiamoci pure, apriamo il nostro Baedeker e partiamo per Grand Tour culinario, chiudiamo gli occhi, sperando che il gas sia riserva solo per pigs”.

Quando questa crisi finirà, il gas sarà riservato solo per i maiali. Lo sterminio continuerà, per cibare gli umani (poveri o ricchi che siano) e gli animali non verranno più “sprecati”: sarà dunque uno sterminio “utile” all’economia, per la gioia di Contropiano.

71 galline liberate

da https://www.unoffensiveanimal.com/hit-report/71-hens-liberated/

23 Marzo, Lincolnshire

“Il lockdown nel Regno Unito era stato annunciato poche ore prima che fossimo dovuti partire. Cosa fare? Avevamo già pianificato un altro salvataggio nel Lincolnshire e le case amorevoli stavano aspettando. Dopo un’attenta considerazione abbiamo deciso che con solo 2 attivisti (che avevano già preso contatti) potevamo permetterci un’altra impresa senza aumentare il rischio di diffondere il virus a chiunque fosse vulnerabile. L’unico aumento di rischio che abbiamo potuto vedere è stato quello per la nostra libertà, se fossimo stati catturati; era un rischio che eravamo disposti a prendere al fine di salvare delle vite.

Sotto la copertura dell’oscurità, abbiamo guidato verso il nostro obiettivo, sentendoci molto consapevoli dell’aumento del numero delle auto della polizia sul ciglio della strada. La nostra più grande paura era di essere fermati con gli animali a bordo prima che potessimo portarli in salvo. Fortunatamente, la polizia non ha fermato la nostra macchina.

Conoscevamo bene questa posizione, è stata la nostra terza visita questa settimana. Ogni volta eravamo stati attenti a non lasciare traccia della nostra visita, consentendo così un ritorno allo stesso obiettivo. Non potevamo fare a meno di chiederci se la feccia che abusava di questi animali avesse notato che 71 galline erano state liberate dal buco infernale in cui erano state tenute.

Conoscere bene il luogo ha reso questo salvataggio facile e veloce. Avevamo trovato case per altre 16 galline, quindi ne abbiamo raccolte rapidamente 16 dal capannone e le abbiamo portate in macchina.

Il resto della notte ha riguardato la guida e la consegna di queste galline nelle loro nuove case (senza contatto umano).

Grazie a tutti coloro che sono in grado di fornire case per animali liberati, non avremmo potuto farlo senza di voi.”