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Joaquin Phoenix parla della morte di Regan Russell: “Non ci tireremo mai indietro”

L’attore premio Oscar Joaquin Phoenix ha prestato la sua voce alla folla di attivisti per i diritti degli animali che chiedono giustizia per l’uccisione di Regan Russell e l’abrogazione della legge “Bill 156”.

Phoenix ha assistito a una veglia davanti a un macello di Los Angeles giovedì per ricordare Russell, una donna di Hamilton che è stata colpita da un camion di trasporto pieno di maiali il 19 giugno a Burlington in Ontario. L’attore, un noto attivista per i diritti degli animali che dà acqua ai maiali a Los Angeles, è stato fotografato con un cartello che diceva “#SavePigs4Regan”. Ha anche rilasciato una dichiarazione:

“Regan Russell ha trascorso gli ultimi momenti della sua vita fornendo conforto ai maiali che non avevano mai provato il tocco di una mano gentile”, ha detto. “Mentre la sua tragica morte ha provocato un profondo dolore nella comunità di Animal Save, onoreremo la sua memoria affrontando vigorosamente le crudeltà che ha combattuto così duramente marciando con Black Lives Matter, proteggendo i diritti degli indigeni, combattendo per l’uguaglianza LGBTQ e vivendo un vita vegana compassionevole”

“Il governo dell’Ontario può tentare di zittirci con l’approvazione del disegno di legge Ag-Gag – Bill 156 – ma non andremo mai via e non ci arrenderemo mai. Il mio cuore va alla comunità di Toronto Animal Save e al partner di Regan, Mark Powell. “

La dichiarazione di Phoenix è stata letta ad una folla di oltre 200 persone riunite davanti alla Fearman’s Pork Inc. a Burlington domenica per una veglia, una settimana dopo la morte di Russell. Russell, 65 anni, era spesso fuori la Fearman, dove lei e gli altri davano un ultimo sorso d’acqua ai maiali messi nei camion prima di essere portati al macello. Intorno alle 10:20 di quel giorno, Russell fu in qualche modo colpita e uccisa da un camion.

L’unità di ricostruzione delle collisioni della polizia regionale di Halton sta indagando.

Mark Powell, un appaltatore del West End e marito di Russell, era contento che Phoenix abbia dato una spinta al messaggio, “Russell lo faceva ogni volta che era possibile”.

“Nella sua memoria, dobbiamo dire al mondo ciò che già sappiamo”, ha detto. “È nostro compito onorare la sua memoria.”

People for the Ethical Treatment of Animals (PETA) afferma che Regan Russell persuase anche un agricoltore dello Iowa a risparmiare due maiali venduti per la macellazione. PETA li ha nominati Regan e Russell e li ha inviati in un santuario di animali.

I sostenitori dei diritti degli animali chiedono inoltre alla provincia di abrogare il disegno di legge 156, un cosiddetto “disegno di legge” che crea “zone di protezione degli animali” che proibiscono agli attivisti per i diritti degli animali di “interferire o interagire con gli animali da fattoria nel veicolo a motore. ” Aumenta anche le multe per chiunque sia stato sorpreso a trasgredire su terreni agricoli e impianti di trasformazione alimentare, o chiunque abbia accesso a una fattoria con “false pretese” – rendendo effettivamente illegali le riprese.

Il Security From Trespass e Protecting Food Safety Act, 2019 è stato introdotto nella legislatura dell’Ontario alla fine dell’anno scorso. Il ministro dell’Agricoltura Ernie Hardeman ha dichiarato che è in risposta alle lamentele degli agricoltori riguardo ai gruppi per i diritti degli animali che violano la loro proprietà privata.

La Federazione dell’agricoltura dell’Ontario ha raccolto il sostegno al disegno di legge, affermando che “protegge le nostre aziende agricole, famiglie, bestiame e approvvigionamento alimentare” dalle tattiche sempre più aggressive dei gruppi per i diritti degli animali.

“Le aziende agricole dell’Ontario sono state sempre più minacciate da trasgressori e attivisti che entrano illegalmente in proprietà, fienili ed edifici, violando i protocolli di biosicurezza”, ha dichiarato il presidente Keith Currie in un comunicato stampa del 12 giugno.

“Le proteste pacifiche sono ora diventate violazioni, invasioni, irruzioni nei fienili, furti e molestie”.

fonte: https://www.cbc.ca/news/canada/hamilton/joaquin-phoenix-1.5630689

Torri da caccia distrutte

da http://directaction.info/news_may25_20.htm

comunicato anonimo
 

“Intorno al 20 maggio 2020, in una foresta in Francia, noi attivistx antispecistx, abbiamo distrutto 6 torri da caccia.

Abbiamo agito in pieno giorno, con la faccia nascosta e senza attrezzature.

È importante ricordare che non è necessario attendere la notte per praticare questo tipo di azioni. E che non è sempre necessario essere dotatx di strumenti per distruggere le cose che consentono loro di uccidere.

Vai lì nei giorni feriali, nascondi il viso per non essere identificatx dalle telecamere lungo la strada e lascia il telefono a casa.

Siate due o tre persone affidabili in modo che ci sia una persona che veglia mentre le altre distruggono le torri di caccia. Prendi il binocolo per vedere le persone che potrebbero arrivare, molto prima che ti vedano.

Quando trovi una torre di caccia, rovesciala, fai forza sulle gambe fino a quando non la rompi, distruggi un massimo di parti importanti in modo che non possa essere facilmente riassemblato, taggalo con un messaggio antispecista e segui le regole della cultura della sicurezza per non essere trovato dalla polizia.

Non avere strumenti è meno ingombrante e meno sospetto in caso di controllo della polizia lungo la strada. Il suono della rottura del legno in una foresta attira meno attenzione del rumore di una sega manuale o elettrica. Il tempo di preparazione è più breve e le passeggiate di un giorno nella foresta uniscono l’utile al dilettevole.

Sappiamo che moltx di voi hanno più tempo libero durante il giorno piuttosto che di notte. E sappiamo anche che poche persone sanno che durante il giorno si possono fare azioni dirette, a volte anche meno rischiose in questi momenti…quindi non aspettare! Fallo !

Distruggiamo tutto ciò che serve per assassinare animali non umani nelle foreste e agiamo per abolire lo specismo in ogni sua forma! Fino alla fine!”

 

DAIRY = DEATH

La scritta “DAIRY = DEATH” [per dairy qui si intende la produzione lattero-casearia, mentre death ovviamente significa “morte”] è apparsa sulla vetrina di un negozio di formaggi a Brighton, nel Regno Unito. Una rivendicazione del gesto è stata inviata al sito Unoffensive Animal

“Il 5 maggio ci siamo copertx il ​​viso, abbiamo preso una bomboletta spray e ci siamo direttx a Brighton. Siamo statx ispiratx da altre azioni di questo tipo che abbiamo visto fare nella nostra zona. Siamo stufx di vedere negozi “rispettosi del benessere animale” vendere prodotti di origine animale. Pensano che ciò sia un atto innocente, ma sappiamo che stanno ancora utilizzando e abusando di animali: “ruspante” e “alto benessere” sono solo etichette utilizzate in modo che gli esseri umani possano sentirsi meglio riguardo all’abuso.

I media locali hanno raccontato l’azione e pubblicato una storia unilaterale su come la proprietaria del negozio sia molto arrabbiata. Speriamo che lei e i suoi clienti pensino a cosa stanno vendendo e per cosa stanno pagando, e non ci dispiace che questo negozio possa cadere in difficoltà finanziarie.

Siamo rimastx molto delusx nel vedere come nelle reazioni sui media moltx veganx non supportino l’azione e affermino che questa danneggi il “movimento vegano”. A loro diciamo: noi siamo il movimento di liberazione animale. Non stiamo lottando per avere più opzioni vegane e per l’accettazione nella società. Stiamo combattendo per la liberazione”.

Comunicato del gruppo di supporto agli/le antispecistx prigionierx:

da https://quaglia.noblogs.org/post/2020/05/01/lamore-non-e-un-crimine-notizie-sulla-repressione/

Lo scorso ottobre, mentre il tribunale federale richiedeva l’uscita immediata del prigioniero antispecista Matthias, incarcerato dal 1 dicembre 2018 a Champ Dollon (cantone di Ginevra, Svizzera) sulla base di semplici sospetti su atti di sabotaggio di istituzioni speciste, alcune persone vicine al militante si erano recate davanti alla prigione di detenzione provvisoria per attendere la sua uscita imminente. I/le 5 amicx presenti avevano preparato per la liberazione del loro compagno uno striscione su cui si leggeva “Matthias ti vogliamo bene”. Dopo più di 11 mesi ad aspettare la sua uscita e dopo molteplici ricorsi al prolungamento della sua ingiusta detenzione, la loro gioia e sollievo stava infine per trovare un riconoscimento.

Ma quella che doveva essere un’uscita felice non lo fu. Nel momento in cui veniva scattata una foto ricordo del loro striscione per qualche secondo per mostrarla alle persone più vicine, arrivò un furgone della polizia e i poliziotti ordinarono ai/le solidali di mostrare i documenti di identità, con il pretesto di una “manifestazione non autorizzata”. Confiscarono freddamente lo striscione e ordinarono loro di “circolare”.

Matthias uscì il giorno successivo e questo incidente vergognoso fu presto dimenticato per la gioia del ritrovarsi. Tuttavia, lunedì 24 febbraio 2020 i/le 5 amicx hanno avuto la cattiva sorpresa di ricevere una multa di 750 franchi ciascunx, con l’accusa di diverse infrazioni come aver fatto eccessivo rumore.

Ovviamente loro contestano i fatti in maniera assoluta, non avendo parlato a un volume più alto del normale, né diffuso della musica o scandito degli slogan. Hanno semplicemente fotografato il loro striscione per 20 secondi prima di metterlo via di nuovo.

Denunciamo la repressione che subiscono gli/le attivistx antispecistx come anche quellx di tutte le altre lotte politiche. Tentare di intimidire le persone vicine e che sostengono i/le prigionierx politicx non funzionerà, siamo solidali e indignatx dai tentativi delle autorità di sabotare questi atti d’amore, per fare meglio sprofondare le persone che lottano quotidianamente contro le ingiustizie. Siamo più forti di questo tentativo di metterci il bavaglio!

I/le 5 amicx di Matthias hanno fatto ricorso contro la loro ordinanza penale e sono già rappresentatx da degli avvocati.

Promemoria dei fatti sull’incarcerazione di Matthias:

Il 1 dicembre 2018, Matthias e un’altra attivista sono inviatx al carcere di Champ-Dollon, sospettatx di danneggiamenti materiali nei confronti di ristoranti, macellerie, manifesti specisti come anche di un mattatoio. La seconda attivista sarà rilasciata dopo una settimana di detenzione. Matthias vi resterà rinchiuso per più di undici mesi. Mirabelle, una terza attivista, vi resterà anch’essa rinchiusa un mese prima di venire rilasciata.

Il 6 novembre 2019, Matthias, Mirabelle e un altro attivista sono statx processatx dal tribunale penale di Ginevra. Il tribunale ha riconosciuto che la polizia aveva ottenuto delle prove illegali, lx ha assoltx sulla metà delle accuse, ma ha comunque emesso delle condanne pesanti. Tuttx loro hanno fatto appello alle loro condanne illegittime. La data del processo di appello di fronte alla Corte di Giustizia di Ginevra non è ancora stata fissata.

L’antispecismo è una lotta politica allo stesso modo del femminismo, del riconoscimento dei diritti per le persone LGBTIQ+ e dell’antirazzismo. Essa sostiene la necessità di dare la voce ai 77,5 milioni di animali uccisi ogni anno in Svizzera, ai 60 miliardi uccisi nel mondo e ai 1.000 miliardi di animali marini che subiscono le conseguenze della pesca. Il diritto alla vita e al rispetto degli interessi fondamentali di questi individui deve prevalere sul mantenimento di un sistema economico, di una tradizione o di un piacere gustativo. L’attivismo antispecista apre dunque a diversi mezzi, legali e dissidenti, per ottenere un cambiamento di sistema necessario alla sopravvivenza di esseri sensibili in un contesto di emergenza ecologica.

Articoli connessi a questo caso repressivo:

https://www.letemps.ch/ [1]
https://www.20min.ch/
https://www.letemps.ch/ [2]

Per contatti con il gruppo di supporto:

soutienauxactivistes@protonmail.com
https://www.facebook.com/pg/solidariteavecnotrecamaradeantispeciste/

Ancora sparizioni forzate in Egitto

Kholud e Marwa

Non passa giorno che arrivino dall’Egitto notizie drammatiche di sparizioni forzate, di persone prelevate dalla polizia spesso senza alcuna motivazione se non quella di preservare brutalmente un regime, quale quello dei militari di Al-Sisi, che da anni sta spargendo terrore e violenza tra la popolazione. In Italia abbiamo ben nota la storia di Giulio Regeni, così come quella di Patrick George, studente a Bologna fermato all’aeroporto del Cairo, poi sottoposto a sparizione forzata per 24 ore dalle forze di sicurezza egiziane e quindi arrestato ufficialmente.

Ma sono tante, purtroppo, le storie da raccontare per cercare di tenere alta l’attenzione mondiale su quello che è un regime tanto feroce e spietato quanto foraggiato e agevolato nei suoi piani criminali da tutti i paesi occidentali “democratici”, Italia in primis. C’è la storia di Alaa Abdel in sciopero della fame dal 13 aprile: Alaa è in un carcere di massima sicurezza, senza visite da più di un mese come tutte le persone detenute, in isolamento, senza libri, no ora d’aria.

Altre situazioni simili in questi giorni ci raccontano di sparizioni forzate di compagne ad Alessandria: Kholud è stata arrestata, prelevata da casa il 21 aprile e ancora non si sa nulla, così come per Marwa, anche lei sparita da ormai 5 giorni.

C’è Noha che si trova nel carcere femminile di al-Qanater al Cairo.

Sayyed Mushagheb, cofondatore del gruppo ultras White Knights è stato condannato a 7 anni di carcere, ne ha scontati 5 nella prigione di massima sicurezza al-Aqrab (lo scorpione) di Tora.

Tante altre sono le storie che si dovrebbero raccontare…documentando ogni giorno la violenza becera e senza freni di un regime che sembra non volersi fermare mai nella sua spirale di terrore.

 

 

OLTRE LA PANDEMIA, LO STATO DI POLIZIA

OLTRE LA PANDEMIA, LO STATO DI POLIZIA

Si percepiva sin dall’inizio di questo stato d’emergenza che la tutela della salute poco c’entrasse con il dispiegamento di controlli messo in campo nelle strade di tutta Italia. Si è insistito con una delirante narrazione supportata dalla complicità di tutti gli organi d’informazione, che spostasse sui comportamenti dei singoli le responsabilità delle migliaia di morti del profitto, via via legittimando una violenza e una brutalità che molte di noi conoscono bene sulla propria pelle da ben prima che fosse dichiarata l’emergenza. Chi invoca l’esercito e la militarizzazione dei territori è stato accontentato: non c’è angolo delle città che non sia in mano all’arroganza delle divise di ogni ordine e grado. A farne le spese sono gli stessi che chi comanda ritiene sacrificabile: i nemici interni, gli indesiderabili, gli ultimi, i carcerati fino agli anziani nelle case di riposo. Forse dalle finestre della reclusione forzata, a forza di avere sotto gli occhi quotidianamente la violenza dello Stato, in molti si stanno accorgendo del suo vero volto.

A Torino qualcuno ha detto BASTA e, di fronte all’ennesimo brutale fermo della polizia con pestaggi violentissimi nei confronti di due uomini in Corso Giulio Cesare, ha deciso di scendere in strada. Tante persone sono uscite di casa e presto 4 di loro sono state violentemente spintonate dalla polizia, buttate a terra, ammanettate e portate via. Sono state poi dichiarate in arresto per resistenza, lesioni e favoreggiamento. La reazione di chi stava intorno è stata decisa: la strada è stata occupata, per rendere palese che questo uso della paura in chiave sempre più repressiva ha da tempo valicato il limite della sopportazione,tanto più che connotato da un senso di impunità e di onnipotenza della sbirraglia tutta. E proprio mentre in carcere i contagi dilagano, lo Stato continua a riempirle.

LA SALUTE DI TUTTI E TUTTE NOI NON PUO’ ESSERE UNO STATO DI POLIZIA!

Su alcuni media si inizia timidamente a riportare di abusi di potere da parte di chi porta la divisa, riportando però che si trattadi “qualche esponente delle forze dell’ordine che ha dato sfogo ad un eccesso di zelo”. Come se fossero poche “mele marce”. Come possiamo pensare che esista una differenza tra i torturatori della caserma di Bolzaneto al G8 di Genova nel 2001 e quelli che spaccano di botte e umiliano i detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere che chiedono la tutela della propria salute nel periodo di emergenza COVID? O tra i carnefici di Cucchi, Aldrovandi, Lonzi e i 13 poliziotti che pochi giorni fa a Catania hanno preso a manganellate e sedato col taser un uomo sul bus perché privo di biglietto? O tra gli infiniti esempi di violenza da partedi sbirri in questura, negli uffici della polfer, per strada e la violenza silenziosa ma legalizzata che in questo periodo di emergenza in ogni città si respira?

Lo stiamo vedendo anche a Bologna, dove le intimidazioni da parte di sbirraglia varia nei confronti dei malcapitati di turno non si stanno certo facendo attendere. Sulla nostra pelle viviamo tutti i giorni fermi e controlli al limite dello stalking: c’è chi viene fermato e accompagnato nei suoi vari tragitti da auto di polizia in borghese, chi viene intimidita e videoripresa dalla penitenziaria di controllo nei parchi, chi viene multato in casa propria per assembramenti con persone non residenti mai identificate, chi è minacciato di avere perquisizioni domestiche con 41tulps per ricerche di armi ed esplosivi (“tanto coi precedenti che avete otteniamo subito un mandato” cit.), chi viene fermato e ammanettato a terra.

C’è chi aveva ben chiaro già prima di quest’emergenza che la polizia non svolgesse nessun altro ruolo che la tutela degli interessi di chi detiene il potere e che non è certo in strada per la nostra sicurezza. Per questo non ci sorprende il trattamento vessatorio che mettono in campo sulla nostra o altrui pelle in un momento particolare come questo. Bensì ci chiediamo: quando ci renderemo tutti e tutte conto che la misura è colma? Quando ci sarà una presa di consapevolezza diffusa della violenza legalizzata che svolgono di mestiere questi individui? E quando avverrà, come sapremo reagire e riprenderci ciò che ci stanno togliendo se ci siamo abituati a tenere la testa china?

È arrivato il momento di alzare la testa, di non accettare la violenza che qualcun altro subisce per strada girandosi dall’altra parte, di aprire gli occhi tutti e tutte sul fatto che militari, polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria nelle strade, nei parchi, sotto casa, non siano affatto lì per la tutela della salute di qualcuno, ma per la protezione dell’ordine e degli interessi di pochi.

NON ABBIAMO MAI INTESO LA LIBERTA’ COME UNA CONCESSIONE ED È IL MOMENTO DI RIPRENDERSELA

LIBERTA’ PER GIORDANA, MARIFRA, DANIELE E SAMU!

Anarchici e anarchiche