Monthly Archives: April 2020

Lo sterminio è sempre assicurato

Babe, il maialino coraggioso: per Contropiano è normale che venga ucciso, maciullato e fatto mangiare ai poveri in fila alla mensa

Leggendo l’articolo apparso su Contropiano dal titolo “Troppa vita, poco valore, sterminio assicurato” a firma Leo Essen, si può avere un compendio di come lo specismo sia profondamente instillato dentro le riflessioni del mondo della sinistra e nello specifico della sua variante comunista. Il pezzo fornisce alcune cifre interessanti, a partire dalla ricostruzione della presenza negli allevamenti industriali italiani, attualmente, di ben 8.612.000 maiali, di cui 4.300.000 in Lombardia, 1.250.000 in Piemonte e 1.100.000 in Emilia Romagna. Per quanto riguarda le galline, invece, si parla di un macello (uno sterminio, per usare un termine corretto che però, vedremo, verrà completamente travisato nel prosieguo dell’articolo) di 500 milioni di galline uccise ogni anno, circa 1 milione e 360.000 al giorno.

Arriviamo alla questione che interessa all’autore dell’articolo. Per farla breve, il problema non è che questi animali vengano massacrati in modo crudele, ma solo che, vista la crisi economica dovuta al coronavirus, rischiano di non essere uccisi per il consumo umano…e quindi macellati “inutilmente”.

“Nella sua fattoria in Iowa, Dean Meyer, uccide 125 maialini a settimana. Li butta nell’umido e li rimacina per farne fertilizzante. Non è un bel vedere. Considerando che molti umani si affollano alle mense dei poveri per elemosinare un pasto”.

Non deve essere un bel vedere uccidere dei poveri maialini in questo modo così brutale, siamo d’accordo. Anche perché onestamente non ci viene in mente un animale più tenero, gioioso, amorevole di un maialino di giovane età. Ma il problema per Leo Essen è un altro: molti umani si affollano alle mense dei poveri per reclamare il cadavere di quei maialini per cibarsi, quindi non è affatto bello che questi aniamli vengano sacrificati invano. Al contrario. Sembra di capire che, senza questa crisi economica, sarebbe tutto a posto: via con i tritacarne, fate girare i motori dei macelli! Povero maialino Babe…

La conclusione del testo è parimenti priva di qualsiasi empatia e commento decente: “Se ci piace la libertà del mercato, se ci piace il laissez-faire, se ci piace fare quel più ci aggrada, infischiandosene del prossimo, accomodiamoci pure, apriamo il nostro Baedeker e partiamo per Grand Tour culinario, chiudiamo gli occhi, sperando che il gas sia riserva solo per pigs”.

Quando questa crisi finirà, il gas sarà riservato solo per i maiali. Lo sterminio continuerà, per cibare gli umani (poveri o ricchi che siano) e gli animali non verranno più “sprecati”: sarà dunque uno sterminio “utile” all’economia, per la gioia di Contropiano.

71 galline liberate

da https://www.unoffensiveanimal.com/hit-report/71-hens-liberated/

23 Marzo, Lincolnshire

“Il lockdown nel Regno Unito era stato annunciato poche ore prima che fossimo dovuti partire. Cosa fare? Avevamo già pianificato un altro salvataggio nel Lincolnshire e le case amorevoli stavano aspettando. Dopo un’attenta considerazione abbiamo deciso che con solo 2 attivisti (che avevano già preso contatti) potevamo permetterci un’altra impresa senza aumentare il rischio di diffondere il virus a chiunque fosse vulnerabile. L’unico aumento di rischio che abbiamo potuto vedere è stato quello per la nostra libertà, se fossimo stati catturati; era un rischio che eravamo disposti a prendere al fine di salvare delle vite.

Sotto la copertura dell’oscurità, abbiamo guidato verso il nostro obiettivo, sentendoci molto consapevoli dell’aumento del numero delle auto della polizia sul ciglio della strada. La nostra più grande paura era di essere fermati con gli animali a bordo prima che potessimo portarli in salvo. Fortunatamente, la polizia non ha fermato la nostra macchina.

Conoscevamo bene questa posizione, è stata la nostra terza visita questa settimana. Ogni volta eravamo stati attenti a non lasciare traccia della nostra visita, consentendo così un ritorno allo stesso obiettivo. Non potevamo fare a meno di chiederci se la feccia che abusava di questi animali avesse notato che 71 galline erano state liberate dal buco infernale in cui erano state tenute.

Conoscere bene il luogo ha reso questo salvataggio facile e veloce. Avevamo trovato case per altre 16 galline, quindi ne abbiamo raccolte rapidamente 16 dal capannone e le abbiamo portate in macchina.

Il resto della notte ha riguardato la guida e la consegna di queste galline nelle loro nuove case (senza contatto umano).

Grazie a tutti coloro che sono in grado di fornire case per animali liberati, non avremmo potuto farlo senza di voi.”

Ancora sparizioni forzate in Egitto

Kholud e Marwa

Non passa giorno che arrivino dall’Egitto notizie drammatiche di sparizioni forzate, di persone prelevate dalla polizia spesso senza alcuna motivazione se non quella di preservare brutalmente un regime, quale quello dei militari di Al-Sisi, che da anni sta spargendo terrore e violenza tra la popolazione. In Italia abbiamo ben nota la storia di Giulio Regeni, così come quella di Patrick George, studente a Bologna fermato all’aeroporto del Cairo, poi sottoposto a sparizione forzata per 24 ore dalle forze di sicurezza egiziane e quindi arrestato ufficialmente.

Ma sono tante, purtroppo, le storie da raccontare per cercare di tenere alta l’attenzione mondiale su quello che è un regime tanto feroce e spietato quanto foraggiato e agevolato nei suoi piani criminali da tutti i paesi occidentali “democratici”, Italia in primis. C’è la storia di Alaa Abdel in sciopero della fame dal 13 aprile: Alaa è in un carcere di massima sicurezza, senza visite da più di un mese come tutte le persone detenute, in isolamento, senza libri, no ora d’aria.

Altre situazioni simili in questi giorni ci raccontano di sparizioni forzate di compagne ad Alessandria: Kholud è stata arrestata, prelevata da casa il 21 aprile e ancora non si sa nulla, così come per Marwa, anche lei sparita da ormai 5 giorni.

C’è Noha che si trova nel carcere femminile di al-Qanater al Cairo.

Sayyed Mushagheb, cofondatore del gruppo ultras White Knights è stato condannato a 7 anni di carcere, ne ha scontati 5 nella prigione di massima sicurezza al-Aqrab (lo scorpione) di Tora.

Tante altre sono le storie che si dovrebbero raccontare…documentando ogni giorno la violenza becera e senza freni di un regime che sembra non volersi fermare mai nella sua spirale di terrore.

 

 

OLTRE LA PANDEMIA, LO STATO DI POLIZIA

OLTRE LA PANDEMIA, LO STATO DI POLIZIA

Si percepiva sin dall’inizio di questo stato d’emergenza che la tutela della salute poco c’entrasse con il dispiegamento di controlli messo in campo nelle strade di tutta Italia. Si è insistito con una delirante narrazione supportata dalla complicità di tutti gli organi d’informazione, che spostasse sui comportamenti dei singoli le responsabilità delle migliaia di morti del profitto, via via legittimando una violenza e una brutalità che molte di noi conoscono bene sulla propria pelle da ben prima che fosse dichiarata l’emergenza. Chi invoca l’esercito e la militarizzazione dei territori è stato accontentato: non c’è angolo delle città che non sia in mano all’arroganza delle divise di ogni ordine e grado. A farne le spese sono gli stessi che chi comanda ritiene sacrificabile: i nemici interni, gli indesiderabili, gli ultimi, i carcerati fino agli anziani nelle case di riposo. Forse dalle finestre della reclusione forzata, a forza di avere sotto gli occhi quotidianamente la violenza dello Stato, in molti si stanno accorgendo del suo vero volto.

A Torino qualcuno ha detto BASTA e, di fronte all’ennesimo brutale fermo della polizia con pestaggi violentissimi nei confronti di due uomini in Corso Giulio Cesare, ha deciso di scendere in strada. Tante persone sono uscite di casa e presto 4 di loro sono state violentemente spintonate dalla polizia, buttate a terra, ammanettate e portate via. Sono state poi dichiarate in arresto per resistenza, lesioni e favoreggiamento. La reazione di chi stava intorno è stata decisa: la strada è stata occupata, per rendere palese che questo uso della paura in chiave sempre più repressiva ha da tempo valicato il limite della sopportazione,tanto più che connotato da un senso di impunità e di onnipotenza della sbirraglia tutta. E proprio mentre in carcere i contagi dilagano, lo Stato continua a riempirle.

LA SALUTE DI TUTTI E TUTTE NOI NON PUO’ ESSERE UNO STATO DI POLIZIA!

Su alcuni media si inizia timidamente a riportare di abusi di potere da parte di chi porta la divisa, riportando però che si trattadi “qualche esponente delle forze dell’ordine che ha dato sfogo ad un eccesso di zelo”. Come se fossero poche “mele marce”. Come possiamo pensare che esista una differenza tra i torturatori della caserma di Bolzaneto al G8 di Genova nel 2001 e quelli che spaccano di botte e umiliano i detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere che chiedono la tutela della propria salute nel periodo di emergenza COVID? O tra i carnefici di Cucchi, Aldrovandi, Lonzi e i 13 poliziotti che pochi giorni fa a Catania hanno preso a manganellate e sedato col taser un uomo sul bus perché privo di biglietto? O tra gli infiniti esempi di violenza da partedi sbirri in questura, negli uffici della polfer, per strada e la violenza silenziosa ma legalizzata che in questo periodo di emergenza in ogni città si respira?

Lo stiamo vedendo anche a Bologna, dove le intimidazioni da parte di sbirraglia varia nei confronti dei malcapitati di turno non si stanno certo facendo attendere. Sulla nostra pelle viviamo tutti i giorni fermi e controlli al limite dello stalking: c’è chi viene fermato e accompagnato nei suoi vari tragitti da auto di polizia in borghese, chi viene intimidita e videoripresa dalla penitenziaria di controllo nei parchi, chi viene multato in casa propria per assembramenti con persone non residenti mai identificate, chi è minacciato di avere perquisizioni domestiche con 41tulps per ricerche di armi ed esplosivi (“tanto coi precedenti che avete otteniamo subito un mandato” cit.), chi viene fermato e ammanettato a terra.

C’è chi aveva ben chiaro già prima di quest’emergenza che la polizia non svolgesse nessun altro ruolo che la tutela degli interessi di chi detiene il potere e che non è certo in strada per la nostra sicurezza. Per questo non ci sorprende il trattamento vessatorio che mettono in campo sulla nostra o altrui pelle in un momento particolare come questo. Bensì ci chiediamo: quando ci renderemo tutti e tutte conto che la misura è colma? Quando ci sarà una presa di consapevolezza diffusa della violenza legalizzata che svolgono di mestiere questi individui? E quando avverrà, come sapremo reagire e riprenderci ciò che ci stanno togliendo se ci siamo abituati a tenere la testa china?

È arrivato il momento di alzare la testa, di non accettare la violenza che qualcun altro subisce per strada girandosi dall’altra parte, di aprire gli occhi tutti e tutte sul fatto che militari, polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria nelle strade, nei parchi, sotto casa, non siano affatto lì per la tutela della salute di qualcuno, ma per la protezione dell’ordine e degli interessi di pochi.

NON ABBIAMO MAI INTESO LA LIBERTA’ COME UNA CONCESSIONE ED È IL MOMENTO DI RIPRENDERSELA

LIBERTA’ PER GIORDANA, MARIFRA, DANIELE E SAMU!

Anarchici e anarchiche

 

73 Cows

73 Cows è un breve documentario del 2018 che racconta la storia di Jay e Katja Wilde, due agricoltori inglesi che hanno salvato le mucche dal macello portandole all’Hillside Animal Sanctuary e hanno intrapreso l’agricoltura biologica vegana. Il documentario è stato diretto e prodotto da Alex Lockwood. Nel 2019, 73 Cows ha vinto il BAFTA Award come miglior cortometraggio al 72 ° British Academy Film Awards. Jay Wilde è cresciuto lavorando in un allevamento di bestiame, anche se aveva delle riserve etiche nell’allevare mucche. Quando ha ereditato la fattoria di Bradley Nook da suo padre nel 2011, è passato dall’agricoltura da latte alla produzione di carne biologica, ritenendo che questo fosse meno dannoso per le mucche. Nell’estate 2017, dopo l’incontro con The Vegan Society, lui e sua moglie Katja hanno dato la maggior parte della loro mandria all’Hillside Animal Sanctuary e hanno intrapreso l’agricoltura biologica vegana, con l’intenzione di sviluppare una serie di aziende affiliate, come un ristorante, una cucina-scuola e un negozio; i restanti membri della mandria sono rimasti a Bradley Nook come animali domestici.

Zootecnia e antispecismo

“Tutta la storia della zootecnia dimostra la lotta incessante fra soggiogati e allevatori. Si tratta di una lista potenzialmente interminabile di pratiche il cui vero denominatore comune è proprio la resistenza a cui rispondono: fruste, morsi, gioghi, operazioni chirurgiche, sterilizzazioni, selezione genetica, tecniche comportamentali, retoriche elaborate  per spezzare la solidarietà interspecifica …” M. Reggio, Leggere la resistenza, p. 25 in Animali in Rivolta, Mimesis Edizioni.

Nel 1855 si tenne a Parigi la seconda edizione della “Esposizione universale dei prodotti dell’agricoltura, dell’industria e delle belle arti”. Tra le varie innovazioni tecnologiche applicate all’industria venne presentato al pubblico un esempio di automazione delle operazioni di mungitura.

Siamo agli albori della diffusione della Zootecnia come scienza applicata dello sfruttamento degli animali a scopo di profitto. Nel 1849 viene istituita la prima cattedra universitaria di “tecniche dell’utilizzo animale”. Nel contesto di questo processo di istituzionalizzazione e di industrializzazione, troviamo un parallelo percorso di moralizzazione della zootecnia ad opera dei primi movimenti animalisti dell’epoca. Questi movimenti sorgevano secondo un’ottica protezionista e paternalista nei confronti degli animali ed erano socialmente connotati da una composizione alto borghese e occidentale. La promozione di una zootecnia progressista vedeva l’animale non utilizzato in quanto macchina, ma messo al lavoro in quanto servitore docile: “L’uomo deve impegnarsi nella conservazione degli animali […] coltivando la loro intelligenza e la loro sensibilità, sviluppando i loro istinti più favorevoli, temperando, le une con le altre, le loro qualità morali: la pazienza, il coraggio, l’ardore e la docilità; perché è attraverso queste stesse qualità che essi divengono per l’uomo il più prezioso dei suoi strumenti” (Raccolta dei Rapporti e delle Memorie della Società di protezione degli animali, Parigi 1848, pag. 5). Nel 1859 nel bollettino della stessa società animalista francese si scriveva in merito alla protezione e al governo degli animali che “La protezione comprende la domesticazione più generalizzata che possibile, l’educazione, l’acclimatazione, l’uso e l’impiego di ciascuno secondo le sue attitudini, la propagazione utile, e infine la distruzione particolare, quando necessaria all’armonia generale”. Un approfondimento di questa tematica è stato fatto da Benedetta Piazzesi in un workshop organizzato da “Oltre la specie”, da cui sono tratte queste citazioni.

https://www.youtube.com/watch?v=0er7Ko05m2Y

La storia del movimento animalista occidentale ha visto il passaggio da questa ottica protezionista ottocentesca a un approfondimento antispecista analitico che nel Novecento ha portato alla creazione del veganesimo (si veda ad esempio il testo fondamentale di P.Singer “Animal liberation”) e di un impianto non più paternalista ma etico rispetto agli altri animali, fondato in particolare sul rifiuto di consumo di prodotti animali, diretti o derivati. Solo più recentemente, sempre nel contesto di un movimento che pur evolvendosi è rimasto ampiamente minoritario, siamo arrivati all’antispecismo politico legato anche al concetto di intersezionalità rispetto alle altre oppressioni. Non di meno si può dire che sia la concezione paternalista che quella etica siano ancora pienamente presenti nella maggior parte dei movimenti animalisti, per cui abbiamo da un lato tutta una serie di gruppi e associazioni che fanno appello a una improbabile riduzione del danno nello sfruttamento animale (gli allevamenti biologici, la cosiddetta “carne felice”, etc.) e dall’altro lato abbiamo l’egemonia di un discorso antispecista incentrato sulla figura del consumatore etico, di chi non consuma prodotti animali. A me pare che la ricostruzione degli albori del movimento animalista metta in piena luce tutti i limiti di una caratterizzazione di tipo utopistico e borghese: mentre il protezionismo faceva i suoi primi timidi passi, contemporaneamente l’allevamento diventava una pratica industriale sempre più diffusa e centrale nel capitalismo, per cui si potrebbe anche dire che questo animalismo sia servito da ideologia giustificazionista di questo processo o perlomeno che non abbia fermato lo sterminio programmato degli animali.

Anche la pratica che enfatizza il ruolo etico di boicottaggio da parte del consumatore, seppure rappresenti quasi sempre il primo approccio per chiunque voglia iniziare un percorso animalista e antispecista concreto, mi pare insufficiente. Mentre controlliamo in quanto vegan la nostra dieta quotidiana, nei mattatoi e negli allevamenti milioni di animali non umani vengono lo stesso sfruttati, torturati e poi uccisi, con il dispiegamento incalcolabile di una sofferenza terribile. Secondo Sarat Colling, «entrambi, i polli e gli esseri umani, sono oppressi dal sistema capitalistico in cui le merci sono la prima forma di comprensione del mondo. Non andiamo oltre l’oggetto che abbiamo di fronte per considerare i mezzi di produzione, perché le nostre menti e i nostri corpi sono stati «colonizzati» – cosa che non riusciamo a riconoscere»

https://operavivamagazine.org/lo-sguardo-neutrale-non-esiste

kigen

32 vite salvate

report anonimo tradotto da https://www.unoffensiveanimal.com/hit-report/32-lives-saved-free-range-layer-hens-liberated/

marzo, Derbyshire, UK

“Dopo aver pianificato a fondo le immagini satellitari, abbiamo individuato alcuni granai tipici di allevamenti di uova nel Derbyshire, nel Regno Unito. Per arrivare sul posto, abbiamo dovuto parcheggiare su una strada di campagna e attraversare molti campi a piedi.
Dopo aver raggiunto l’obiettivo, abbiamo capito quale fosse il miglior punto di entrata e 2 sono saliti mentre uno rimaneva fuori come vedetta.
Mentre due di noi sono saltati attraverso il portello, all’interno della baracca siamo stati colpiti dalla travolgente puzza di ammoniaca. Eravamo scioccati dal cattivo stato di quegli uccelli…non avevamo mai visto polli dall’aspetto così pietoso: erano nudi e magri. Uno di noi ha raccolto rapidamente gli uccelli, mentre l’altro li ha sistemati comodamente nei vettori. Quando i corrieri erano pieni, il mio amico ha detto “ecco … “ancora uno!” Ho risposto, incapace di convincermi a lasciarli, ho preso il pollo dall’aspetto più triste e siamo partiti con 32.”